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Alzheimer: l’attività fisica alleata contro la perdita di memoria.

Alzheimer: l’attività fisica alleata contro la perdita di memoria.

L’attività fisica è nota per i suoi numerosi effetti benefici sulla Salute, cervello incluso. Ricerche precedenti suggeriscono che l’esercizio fisico possa migliorare le capacità cognitive e persino rallentare la progressione dei disturbi neurodegenerativi come il morbo di Alzheimer. Nuovi benefici dell’attività fisica. Sembrerebbe infatti esserci una relazione tra un ormone indotto dall’esercizio – l’irisina – e la progressione della malattia di Alzheimer. Lo suggerisce uno studio, condotto sui topi, pubblicato online su ‘Nature Medicine’. Questa ricerca, però, è andata oltre. Durante l’attività fisica, una proteina messaggera chiamata irisina può essere rilasciata dal tessuto muscolare per entrare in circolo ed esercitare il suo effetto su bersagli distanti. Il team di della Federal University of Rio de Janeiro (Brasile), insieme a Ottavio Aranzio della Columbia University di New York (Usa), ha scoperto che l’irisina facilita gli effetti benefici dell’esercizio a livello cognitivo nei topolini affetti da una condizione simile all’Alzheimer. Questo ormone, così come il suo precursore proteico (FNDC5), è espresso a livelli più bassi nel cervello di pazienti con malattia di Alzheimer rispetto ai controlli sani. Questa scoperta è stata osservata anche negli animali modello della malattia. I ricercatori in questo studio hanno dimostrato anche che, proprio come i deficit di apprendimento e memoria sono stati indotti riducendo l’espressione genetica di FNDC5/irisina, il ripristino della sua espressione ha invertito questi effetti nei topi. Inoltre quando questo tipo di segnalazione era bloccato all’interno del cervello o a livello periferico nei roditori con Alzheimer, gli effetti pro-cognitivi dell’esercizio fisico sono stati persi. Insomma, sono necessari ulteriori studi per capire esattamente come l’irisina entra e interagisce con il cervello, e per valutare se la proteina ha un effetto analogo a livello cognitivo negli esseri umani. Tuttavia gli autori suggeriscono che questi risultati potrebbero aprire la strada a nuove strategie terapeutiche per contrastare il declino cognitivo nei pazienti con malattia di Alzheimer. Fonte: MeteoWeb